Armi e conflitti

Proiettili – “balas” – nel Pacifico colombiano

Non era la prima volta che vedevo un’arma

Una volta ne ho anche presa una in mano.

Non è stata una bella sensazione, tanto che a distanza di anni ancora ricordo alcuni dettagli: il peso (tanto, per le dimensioni ridotte), la temperatura freddissima del metallo e le mani che sudavano. La restituii immediatamente al legittimo proprietario.

Questo succedeva in Argentina, in una contesto “sicuro” e “controllato” per quanto questi aggettivi possano essere affiancati ad un’arma.

La volta successiva fu diverso

Sempre in Sud America ma questa volta in Colombia, nella Costa Pacifica: zona nel pieno del conflitto fra gruppi armati per il controllo del territorio.

Non erano pistole. O meglio, non solo pistole.

Quello che mi ha impressionato di più: la dimensione.

Quel fucile era alto almeno quanto il giovane che lo sosteneva. Nero, lucido, minaccioso. Me lo immagino pesantissimo nelle mani di un ragazzo sicuramente più giovane di me, come gli altri che lo accompagnavano.

Sguardi

Il mio tentativo di non mostrare timore ma nemmeno l’intenzione di sfidare. La sicurezza nel suo volto. Aumentata esponenzialmente dal fido servitore di metallo che stringeva a sé, momentaneamente muto.

Mille pensieri, mille paure, mille scenari passavano per la mia testa in quegli interminabili secondi.

Domande

Tornato dalla missione, ricordo che continuavo a pormi le stesse domande, che oggi mi sembrano ingenue e vuote, ma che in quel contesto sembravano più che legittime:

Perché è li? – Pensando alle ragioni profonde di questa condizione, non alle ovvietà -.

A cosa starà pensando con quell’arma in mano?

Domande che resteranno per sempre senza risposta, come molte altre.

Shock

Non sapevo cosa fosse uno stato di shock prima della Colombia.

Sapere che la mia vita, quella di chi lavorava con me e di tutte le altre persone che ci accompagnavano era nelle mani di questi individui, fu devastante.

Non lì, non durante la missione, non la stessa notte o la notte successiva, ma di ritorno a casa.

E’ incredibile come il solo parlarne, descrivere quello che è stato, ti riporti a quei momenti, da fuori. Come rivedere tutto su uno schermo. Questo distacco, questo realizzare quanto vicino fosse il pericolo, ti toglie il terreno da sotto i piedi. Piangi. Tremi. Ma non di freddo, perché ci sono 35 gradi.

Paura

Mai dimenticherò quella sensazione mista di paura, tensione, senso di impotenza.

Le uniche difese che avevo erano il mio ruolo e la mia parola.

Adesso sembrano poca cosa ma lì erano tutto.

Da una parte un piccolo plotone di criminali armati fino ai denti, dall’altra un gruppo di civili disarmati e due “gringos” con gilet e cappellino blu.

Questa è stata la seconda volta che ho visto un’arma nella mia vita.

La seconda volta che ho provato una sensazione di profondo disgusto per questa industria, per questa forma di potere e controllo.

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