Un anno dopo

FONTI: Linkiesta, Forbes Mexico, HuffPost

Passato

Un anno fa ero in Colombia, nella costa pacifica, pronto per passare gli ultimi giorni di contratto a Bogotà e per salire sull’aereo che mi avrebbe portato a casa, il 29 febbraio 2020.

Una settimana dopo il mio arrivo in Italia, il mondo si ferma. Tutto.

Presente

Per curiosità cerco su internet alcuni risultati per “crisi millenial Covid“, “millenials back home Covid” e “Millenials hogar covid“.

I risultati della ricerca sono abbastanza simili per tutte le aree geografiche e linguistiche:

Riflessioni

Quello che mi copisce di più non è tanto l’attuale situazione, ma il tono di generale pietà e disfattismo con cui veniamo descrittə da anni (noi siamo quelli e quelle dei “bamboccioni” di qualche tempo fa). Come se fossimo tutti cretini e cretine, senza voglia di fare.

Questo non è giusto. Credo sia molto pericoloso fare di tutta l’erba un fascio, perché generalizzare è spesso fuorviante.

Negli anni ho conosciuto tante giovani e tanti giovani provenienti da contesti estremamente diversi, con interessi e passioni diversissisme, ma sempre attivi

Sempre attenti, curiosi, e al passo con i tempi. Pronte e pronti a sacrifici per trovare il proprio cammino, qualunque esso sia. Ma che non si arrendono.

Perché se è vero, è lo è, che la nostra giovinezza non è stata segnata da particolari “boom” (anche se bisognerebbe prestare moltissima attenzione al contesto geografico di ogni affermazione… che nello specifico credo sia più aderente al contesto italo-europeo e forse statunitense, ma assolutamente fuoriviante rispetto ad altre regioni del mondo), è altrettanto vero che abbiamo letteralmente tra le mani uno dei più grandi sviluppi tecnologici, sociali e culturali e teoricamente (iper)democratici della storia: internet. La maggior parte di noi più o meno giovani la sa usare bene, sfruttandone potenzialità, debolezze ed opportunità. E certo, essere costretti a tornare a casa sicuramente non è stato facile e non è facile per nessuno, ma non per questo è il caso di abbattersi. Anzi.

Nel contesto globale iperconnesso, stiamo vivendo una emergenza sanitaria, la pandemia, che ha coinvolto e colpito tutti, in forma diversa ma orizzontalmente. E che ha messo ancora più al centro delle nostre giornate gli schermi e internet, nel bene e nel male.

Se è vero che dopo ogni grande crisi, dopo ogni grande discesa, c’è sempre un’altrettanto grave salita, dobbiamo essere tutti pronti e pronte, perché le sfide che ci troveremo ad affrontare saranno sempre di più e sempre più complesse. In un futuro non troppo lontano molte responsabilità e decisioni spetteranno a nostre coentanee e coetanei.

Futuro

Avremo a che fare con un ecosistema globale sempre più colpito da crisi climatiche, alimentari, idriche, dalla migrazione e dai conflitti conseguenti a tutto ciò. Dovremo anche difendere internet, l’idea di libertà che sta alle sue basi. Siamo professionisti e professioniste che forse non occupano posizioni “stimate” o di “pregio” rispetto alle rispettive formazioni, ma questo non conta, oggi. Conta la profonda consapevolezza di dove siamo e dove stiamo andando, e soprattutto di quello che dobbiamo difendere e proteggere per noi e per le generazioni future.

Perché nella quantità mostruosa di informazione che ci colpisce ogni giorno, dobbiamo saper scindere lo svago dalla serietà, le cose importanti da quelle superflue e ancor di più da quelle false, anch’esse pericolosissime.

Perché il mondo ha un urgente bisogno di persone consapevoli delle difficoltà, delle crisi, dei problemi, e soprattutto di persone che le sappiano affrontarle e risolverle con coscienza, giustizia, generosità, inclusione ed equità.

Dobbiamo essere noi.

Quindi forza. Andiamo avanti tenendoci per mano quando si potrà (perché si potrà), che il futuro è nostro.